Hoe kies je het juiste crowdfundingplatform voor je campagne?

scegliere piattaforma di crowdfunding

Quando un’azienda decide di fare crowdfunding, una delle prime domande che emergono è quasi sempre la stessa: “Qual è la piattaforma migliore?”. In realtà, non dovrebbe mai essere una delle prime domande che ci si pone.

Nel dibattito sul crowdfunding, la scelta della piattaforma viene caricata di aspettative che non le competono: ci si aspetta che “porti investitori”, che faccia marketing, che garantisca il successo della raccolta. In realtà, le piattaforme di crowdfunding svolgono un ruolo molto preciso e delimitato, definito sia dal loro modello di business sia dal quadro normativo europeo.

Per scegliere correttamente una piattaforma di crowdfunding è quindi necessario partire da una premessa fondamentale: la piattaforma è un’infrastruttura regolamentata, non un canale di acquisizione investitori.

In questo articolo ti aiutiamo a scegliere la piattaforma di crowdfunding per la tua campagna partendo dalla spiegazione del ruolo effettivo dei portali e delle regole che li governano, per arrivare infine ai criteri corretti per scegliere una piattaforma in base al progetto, allo strumento finanziario e al mercato di riferimento.

Cos’è davvero una piattaforma di crowdfunding

Dal punto di vista giuridico, una piattaforma di crowdfunding è un fornitore di servizi di crowdfunding che opera tramite un portale online accessibile al pubblico. Questa definizione è quella contenuta nel Regolamento europeo che disciplina equity e lending crowdfunding a livello UE (ECSPR).

Il primo errore da evitare è quindi assimilare la piattaforma a un soggetto “commerciale” nel senso tradizionale del termine. Il suo ruolo è mettere a disposizione un’infrastruttura tecnica e regolamentata che consenta l’incontro tra domanda e offerta di capitale nel rispetto delle norme.

La piattaforma come infrastruttura

Una piattaforma di crowdfunding fornisce:

  • l’ambiente tecnologico per ospitare la campagna;
  • i sistemi di onboarding e identificazione degli investitori;
  • la gestione dei flussi di pagamento tramite soggetti terzi autorizzati;
  • i processi di raccolta, chiusura e regolamento dell’operazione;
  • la documentazione informativa richiesta dalla normativa.

La piattaforma, quindi, abilita la campagna di crowdfunding nella pratica.

Cosa fa (e cosa non fa) una piattaforma di crowdfunding

Cosa fa una piattaforma:

  • seleziona i progetti secondo criteri interni di ammissibilità;
  • verifica la completezza e la conformità delle informazioni pubblicate;
  • garantisce che la campagna rispetti i requisiti normativi;
  • offre alle aziende supporto nella preparazione del materiale informativo per la campagna e linee guida per la promozione;
  • tutela gli investitori attraverso trasparenza e procedure standardizzate.

Cosa non fa una piattaforma:

  • non costruisce una strategia di marketing per l’azienda;
  • non genera attivamente domanda per il singolo progetto;
  • non attiva community esterne;
  • non svolge attività di consulenza finanziaria o commerciale.

Il Regolamento ECSPR rafforza ulteriormente questo perimetro, proprio per evitare conflitti di interesse e comportamenti distorsivi. 

Il ruolo delle piattaforme secondo il Regolamento ECSP

Il Regolamento europeo sui fornitori di servizi di crowdfunding (ECSPR) ha avuto un effetto di uniformazione e chiarezza sul mercato: ha rafforzato le tutele per gli investitori e definito in modo preciso il perimetro operativo delle piattaforme.

Autorizzazione, vigilanza e passaporto europeo

Per operare legalmente, una piattaforma di equity o lending crowdfunding deve essere autorizzata come European Crowdfunding Service Provider (ECSP).

L’autorizzazione viene rilasciata dall’autorità competente del Paese di origine e consente, una volta ottenuta, di operare in tutta l’Unione Europea tramite il cosiddetto Europees paspoort.

In Italia le autorità di riferimento sono Consob e Bank van Italië, che svolgono attività di autorizzazione e vigilanza secondo competenze distinte.

Per le imprese questo significa due cose molto concrete:

  • una piattaforma autorizzata offre un contesto normativo uniforme, anche in caso di investitori esteri;
  • la piattaforma non può “inventare” servizi o modalità operative fuori dal perimetro regolamentato, nemmeno se richiesto dall’azienda.

Obblighi di trasparenza e tutela degli investitori

Uno dei pilastri dell’ECSPR è la protezione degli investitori, in particolare di quelli non professionali.

Per questo il regolamento impone alle piattaforme una serie di obblighi che incidono direttamente su come una campagna può essere presentata e gestita.

Tra i principali:

  • predisposizione del KIIS (Key Investment Information Sheet) per ogni progetto;
  • test di appropriatezza per gli investitori non sofisticati;
  • periodi di riflessione obbligatori prima della conferma dell’investimento;
  • comunicazioni standardizzate su rischi, costi e natura dell’operazione.

La piattaforma e l’azienda lavorano insieme nella preparazione della corretta documentazione informativa per rispettare tutti i vincoli regolamentari e offrire agli investitori la massima trasparenza. La comunicazione della piattaforma, quindi, si muove entro confini prestabiliti.

Limiti operativi imposti alle piattaforme

Il Regolamento ECSPR chiarisce anche cosa una piattaforma non può fare.

In particolare:

  • non può fornire consulenza finanziaria personalizzata agli investitori;
  • non può orientare attivamente le scelte di investimento;
  • non può avere un interesse diretto nel successo di una singola campagna;
  • non può svolgere attività promozionali selettive a favore di un progetto rispetto ad altri.

Questo assetto normativo serve a evitare conflitti di interesse e a garantire che la piattaforma rimanga un soggetto terzo e neutrale.

Dal punto di vista dell’impresa, questo implica la necessaria consapevolezza che la piattaforma non è un acceleratore di raccolta, ma un ambiente regolato all’interno del quale la raccolta può avvenire in modo conforme.

Perché la piattaforma non porta investitori

Tra le convinzioni più radicate nelle aziende che si avvicinano al crowdfunding, ce n’è una particolarmente insidiosa: l’idea che la piattaforma abbia il compito – o la capacità – di portare gli investitori nella campagna.

Questo mito nasce da un fraintendimento comprensibile. Le piattaforme sono luoghi in cui avvengono investimenti, quindi è naturale pensare che “il pubblico sia già lì”. In realtà, quel pubblico non è una domanda latente pronta ad attivarsi, ma un insieme eterogeneo di utenti che non hanno alcun incentivo a investire in una campagna piuttosto che un’altra e, soprattutto, che di solito sono arrivati sulla piattaforma per investire in un singolo progetto conosciuto altrove, non per iniziare una serie di investimenti.

Perché le piattaforme non possono (e non devono) “vendere” il progetto

Dal punto di vista regolamentare, il Regolamento ECSPR impone alle piattaforme una posizione di neutralità (articolo 27). Lo ha chiarito anche l’ESMA nelle Q&A dedicate al regolamento ECSPR.

Questo significa che non possono:

  • promuovere attivamente un progetto rispetto ad altri;
  • suggerire o raccomandare un investimento;
  • orientare le decisioni degli investitori con logiche commerciali.

Ma anche al di là dei vincoli normativi, esiste una ragione strutturale: il modello di business delle piattaforme non è basato sul successo del singolo progetto, bensì sulla sostenibilità complessiva del marketplace.

Le piattaforme, quindi, promuovono tutte le loro campagne, a rotazione, tramite i loro canali (social, newsletter, blog) e forniscono a ciascuna azienda le stesse linee guida standardizzate per la promozione della campagna. Qui termina il loro compito.

Una piattaforma:

  • ospita più campagne contemporaneamente;
  • deve garantire equità di trattamento;
  • tutela prima di tutto la propria reputazione e la fiducia degli investitori.

Per questo motivo, anche quando una piattaforma dispone di una base utenti numerosa, non ha né l’interesse né gli strumenti per “attivarla” su richiesta di una singola azienda. Farlo significherebbe trasformarsi in un soggetto promotore, ruolo che il regolatore ha esplicitamente escluso.

Chi porta davvero gli investitori in una campagna

Se la piattaforma non è responsabile della domanda di capitale, allora chi lo è?

La risposta è semplice, anche se spesso risulta scomoda: l’azienda stessa.

De investeerders in een crowdfundingcampagne arrivano da:

  • clienti attuali o potenziali (principale fonte);
  • community già esistenti;
  • stakeholder coinvolti nel progetto;
  • audience costruite attraverso attività di marketing e comunicazione.

Il crowdfunding non crea interesse dal nulla: canalizza interesse preesistente verso una proposta di investimento. La piattaforma è il luogo in cui l’interesse si trasforma in transazione, non il luogo in cui nasce.

Questo è il punto in cui molte campagne falliscono: partono dalla scelta della piattaforma, quando dovrebbero partire dalla costruzione di una base di persone realmente interessate al progetto, al prodotto o alla visione dell’azienda.

Capire questo passaggio è fondamentale per impostare correttamente tutto il percorso successivo, inclusa la scelta della piattaforma stessa.

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Come scegliere una piattaforma di crowdfunding: i criteri 

Chiarito cosa fa (e cosa non fa) una piattaforma, la domanda iniziale può finalmente essere riformulata nel modo giusto.

Non “qual è la piattaforma migliore?”, ma “qual è la piattaforma più coerente con il mio progetto e con la mia strategia di raccolta”

Tipo di crowdfunding e strumento finanziario

Il primo criterio è quello più scontato: non tutte le piattaforme ospitano tutte le tipologie di campagne crowd.

Prima di valutare una piattaforma è necessario avere chiaro:

  • se la raccolta è di tipo equity o lending;
  • se si utilizzano strumenti “standard” o strutture più complesse (ad esempio SFP o minibond);
  • se l’operazione è pensata come singola campagna o come parte di un percorso più ampio.

Track record e tipologia di progetti ospitati

Un secondo criterio riguarda lo storico della piattaforma.
Non tanto in termini di “raccolto totale” e tasso di successo (sebbene siano parametri che si possano considerare marginalmente), quanto di coerenza tra i progetti già ospitati e il proprio.

È utile chiedersi:

  • che tipo di aziende ospita abitualmente?
  • in quali settori?
  • con quali dimensioni di raccolta?
  • con quale livello di maturità imprenditoriale?

Il track record non va letto come una garanzia di successo, ma come indicatore di compatibilità.

Governance, processi e qualità operativa

Infine, un criterio spesso sottovalutato: la qualità dei processi.

La piattaforma è un soggetto regolamentato e, proprio per questo, introduce:

  • procedure formali;
  • flussi documentali;
  • tempistiche non comprimibili;
  • interazioni con soggetti terzi (payment provider, notai, intermediari).

È importante valutare:

  • chiarezza dei contratti;
  • trasparenza delle fee;
  • struttura dei processi di onboarding;
  • capacità di gestire correttamente la fase post-campagna (chiusura, reporting, relazione con gli investitori).

Una piattaforma efficiente riduce attriti e rischi operativi, che nel crowdfunding possono fare una grande differenza.

Meglio una piattaforma in Italia o all’estero?

Il regolamento ECSP ha introdotto la possibilità di raccogliere capitali all’estero con le stesse regole del proprio Paese, condivise da tutte le piattaforme.

Ha reso tecnicamente possibile il crowdfunding transfrontaliero, ma possibile non significa automaticamente conveniente. La scelta tra piattaforma italiana o estera va fatta caso per caso, partendo dagli obiettivi reali della raccolta.

Le piattaforme italiane operano in un contesto che, per molte imprese, resta il più naturale.

I principali vantaggi sono:

  • conoscenza approfondita del quadro normativo e fiscale italiano;
  • documentazione, comunicazione e processi in lingua;
  • maggiore familiarità con il profilo medio degli investitori domestici;
  • interazioni più fluide con notai, consulenti e altri soggetti coinvolti.

Per aziende che hanno un mercato prevalentemente italiano, o che vedono nel crowdfunding anche uno strumento di coinvolgimento di clienti e stakeholder locali, una piattaforma italiana è spesso la scelta più coerente.

Guardare fuori dall’Italia ha senso quando:

  • il progetto ha una vocazione realmente internazionale;
  • esiste già una base di contatti o clienti esteri;
  • la raccolta è parte di un percorso di espansione coerente.

Bisogna considerare che una campagna cross-border comporta:

  • comunicazione multilingua;
  • adattamento del messaggio a contesti culturali diversi;
  • maggiore complessità fiscale e giuridica;
  • gestione di investitori con aspettative e abitudini differenti.

Senza una strategia di marketing internazionale ben strutturata, la piattaforma estera diventa solo un contenitore più lontano, non un moltiplicatore automatico della domanda. Crowdfunding in het buitenland, quindi, è sì un’opzione, ma va inserita in una strategia ben precisa e preparata a dovere.

La piattaforma è una scelta tattica, non strategica

Possiamo concludere che la piattaforma non è il fulcro della strategia, ma uno degli elementi finali del percorso.

Quando la scelta della piattaforma viene fatta troppo presto, diventa un surrogato di decisioni che in realtà andrebbero prese prima: sul modello di raccolta, sugli obiettivi aziendali, sul ruolo del crowdfunding nella crescita dell’impresa.

La piattaforma può facilitare o complicare l’esecuzione, ma non compensa una strategia assente o incoerente. Prima di scegliere la piattaforma occorre stabilire i propri obiettivi, scegliere lo strumento finanziario più adeguato a raggiungerli e definire il proprio target di investitori.

Scegliere una piattaforma di crowdfunding è un passaggio importante, ma non è il fattore che determina il successo di una campagna.

Platform Wedstrijd

Se è vero che la scelta della piattaforma di crowdfunding non è un fattore determinante per il successo, è anche vero che è una scelta che porta via tempo ed energie e che può determinare la piacevolezza e la snellezza del percorso da compiere prima, durante e dopo la campagna.

Per questo in Turbo Crowd abbiamo ideato il servizio Platform Match, che affianca le aziende nella selezione delle piattaforme più adatte a ciascun progetto e presenta direttamente le aziende alle piattaforme attraverso un contatto diretto personale.

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